A partire da un post di Alessandro D’Avenia, i ragazzi della 3E hanno dovuto riflettere sulla chiusura della scuola: liberazione o privazione? Le loro parole esprimono nostalgia, positività, consapevolezza ma anche fatica. Lasciatevi stupire e commuovere da quello che hanno scritto: i ragazzi sanno sempre sorprenderci. Buona lettura!
“Devo ammettere che non avrei mai pensato che potesse mancarmi la scuola, ma non capisci di amare qualcosa finché non rimani senza”.
“Insomma, non si tratta di una semplice abitudine o di una canzoncina che impari a memoria, ma la scuola è qualcosa di più. Per questo, per questo qualcosa di più che ora è qualcosa di meno, la chiusura delle scuole per me è una privazione, ma se vogliamo sconfiggere questo virus, è una privazione che sono disposto ad accettare”.
“All’inizio pensavo di sentirmi libero: dalla scuola che alla mia età è più un dovere che un piacere, libero da tutto quello che dovevo fare tutti i giorni dal lunedì al venerdì. […] Mi mancano i compagni, le litigate, le lezioni noiose e non, mi manca l’ansia nel ricevere i voti dal professore che mi spiega il motivo del voto, ma soprattutto mi mancano gli intervalli dopo pranzo dove tutti potevano giocare e divertirsi quell’oretta prima di fare studio pomeridiano”.
“Sento la mancanza delle mattine piovose e grigie osservate dalla finestra di una calda classe, del peso dello zaino sulle scale, di tutti quei “buongiorno” allegri e assonnati scambiati prima del suono della campanella. Ho nostalgia delle mattine in cui mi svegliavo all’alba e osservavo dal finestrino della macchina la luna ancora alta nel cielo e le nuvole tinte di rosa in lontananza. Mi manca quella morsa che sentivo allo stomaco e quella paura di aver dimenticato tutto di colpo che mi assaliva prima di una verifica. Voglio tornare alla mia vecchia vita, quella di solo pochi mesi fa, per riempire questa enorme privazione scavata in me e colmarla nuovamente delle piccole cose di tutti i giorni”.
“Stare così a lungo senza compagnia, fatta eccezione dei propri familiari, un frigo e una televisione, farebbe perdere le staffe anche ad un santo. Perciò io, non essendo un santo, perdo le staffe al quadrato, e basta un niente per farmi arrabbiare. […] La scuola, che dovrebbe essere l’incarnazione della seccatura per eccellenza (svegliarsi presto, compiti, interrogazioni…) è diventato l’obiettivo, un qualcosa di sognato e fortemente voluto”.
“È più una “liberazione” perché mi sento più libera ad organizzarmi lo studio e i compiti, mi sento anche più libera perché al mattino mi sveglio presto per seguire le lezioni da casa ma sicuramente non all’alba, perché non ho il pensiero di rifare il letto e prepararmi la cartella”.
“Ci manca il rapporto tra professori e allievi? A me manca molto perché, se si instaura un buon legame, è comunque un’amicizia”.
“Non lo avrei mai detto, ma mi mancano persino le lezioni dei professori: loro che scrivono alla lavagna e noi che copiamo sul nostro quaderno. Quelle cose che prima spesso mi annoiavano, ora sono diventate così preziose. […] Mi manca il mio banco, la mia classe. Forse non la rivedrò più e questo mi rattrista. A settembre cambierò scuola e inizierò un nuovo percorso con gente nuova e per questo avrei voluto godermi quest’ultimo anno con i miei compagni di classe a cui sono tanto legata. Purtroppo non mi è stato possibile e questo per me sarà un rammarico”.
“Mi manca perfino lo stare seduti al banco, tutti in fila uno dietro l’altro e a guardare tutti nello stesso punto: la lavagna. Ora invece dobbiamo stare seduti alla scrivania davanti ad un computer molte ore e non possiamo neanche staccare un attimo e distrarci per chiedere la penna al vicino”.
“Io penso che la chiusura delle scuole sia molto penalizzante per un ragazzo come me. Dico questo perché io sono come Don Abbondio: abitudinario”.
“Ad oggi mi sento privato di una cosa che vivo intensamente tutti i giorni e che porta con sé gioie ma anche dolori. Sento continuamente dire in TV la stessa identica frase tutto il giorno: tutto andrà bene. Preferisco sentirmi dire: in questo momento difficile stiamo tutti male.
Perché ormai non siamo piccoli, vogliamo sapere ciò che succede realmente, già non possiamo fare molto, almeno diteci le cose come stanno. […] A volte mi immagino tutte le terze medie nel cortile che si abbracciano e piangono perché è finita la scuola e perché l’esame è vicino.
Nel mio cuore rimarrà questa immagine, i miei compagni sorridenti e una giornata di sole”,
“Ciò che è rimasto della scuola è lo studio, che è diventato ancora più pesante. […] La quarantena mi ha tolto ciò che amavo della scuola e lasciato ciò che mi piaceva meno”.
“Spero di riuscire presto a tornare alla normalità, ridere con i miei amici, uscire di casa, tornare a fare casino nei corridoi e seguire dal vivo le lezioni, così da continuare a capire anche la passione trasmessa dagli insegnanti. Perché la tecnologia ci permette di rimanere in contatto, ma non può sostituire la vicinanza fisica delle persone”.
“Non rivedere più gli insegnanti e i compagni ci rende soli, non vedere nessuno per un ragazzino è molto pesante, oltre che piuttosto noioso”.
“Durante queste giornate, che sembrano interminabili, oltre a pormi domande, a cui non posso dare risposta, penso a ciò che starei facendo se avessi la possibilità di vivere la mia vita, quella che fino a qualche tempo fa non mi entusiasmava più di tanto, ma per cui oggi pagherei oro.
Dunque prometto solennemente a me stessa che quando tutto questo sarà finito vivrò ogni momento come se fosse l’ultimo. Quest’anno, che per me sarà anche l’ultimo nella mia scuola, sono capitate tante cose, ma sicuramente tante ancora ne dovevano accadere. Abbiamo vissuto il nostro ultimo giorno di scuola e non ce ne siamo neanche accorti…”
“Secondo me fa bene cambiare e provare ad adattarsi alle circostanze, provare a mettersi in gioco da soli. Questo periodo è molto particolare perché nessuno di noi se lo aspettava e nessuno era pronto, però ce la stiamo facendo lo stesso”.
“Questa è stata pure un’occasione per avere più dimestichezza per la tecnologia, dallo scrivere una mail a fare temi su Word e a elaborare le ricerche nei Power Point, ma anche per imparare a cucinare”.
“Questo stop scolastico ci fa riflettere e ci dà un’opportunità in più per crescere ed essere più responsabili”.