A tutti i nostri allievi/e,
alle loro famiglie
ai docenti e formatori
Torino, 9 gennaio 2023
Abbiamo iniziato il nuovo anno, il 2023. Tra la fine di dicembre e i primi di gennaio tante volte ci siamo augurati “Buon anno!”, “Felice anno nuovo!”, “Ti auguro un anno di pace e serenità!”… E io ci credo e ci spero veramente. Non tutti la pensano e la vivono così.
Sento in giro un’aria triste e sfiduciata, un clima da cappa umida e inquinata che toglie il fiato, come se il nuovo anno gettasse sulle spalle un ulteriore peso. Altro che entusiasmo e voglia di vivere. Mi inquieta quando questi sentimenti sono fatti propri e riproposti dai giovani. E tu, che giovane sei? Come ti senti davanti al futuro? Come affronti le sfide quotidiane?
Così ha scritto Galimberti nel settembre 2022: «Sostengo che la giovinezza ha qualcosa di sacro, perché nell’arco della vita rappresenta quell’età in cui si ha il massimo della potenza biologica, il massimo della potenza sessuale, il massimo della potenza ideativa, se è vero che Leopardi ha scritto L’Infinito a 21 anni, Einstein ha trovato la sua formula a 24, gli ideatori di Google e di Apple in quell’età hanno ideato quel mondo virtuale che noi oggi tutti abitiamo».
Per i giovani è fondamentale il tema del futuro. Hanno più futuro che passato. A volte sembra che i giovani non guardino al domani, lo evitino e si fermino al presente. Cito di nuovo un frase di Galimberti: «Come scrive Nietzsche: “Manca lo scopo, manca la risposta al perché”. Perché devo impegnarmi, perché devo studiare o lavorare e, al limite, perché devo stare al mondo se il futuro non è più una promessa ma, come dice Miguel Benasayag, una minaccia?».
Io non credo a questi pensieri negativi e disorientanti. Non mi convincono le parole che smontano la vita, perché ci sono difficoltà. Io credo che la vita, nonostante tutto, sia ancora una bella promessa e credo che la vita sia una cosa meravigliosa, non sempre facile, ma meravigliosa.
Il 24 aprile 2005 ero in Piazza San Pietro con un gruppo di giovani dell’Oratorio di Cuneo. In quel giorno Benedetto XVI iniziava il suo servizio di Vescovo di Roma e Papa della Chiesa Cattolica. Lo ricordo con affetto e riconoscenza a pochi giorni dal suo funerale. Durante la sua prima Messa da Papa ha detto parole meravigliose e indelebili, facili da trovare online. Le riporto, perché danno gusto alla vita, energia ed entusiasmo, forza per affrontare le difficoltà: «Noi non siamo il prodotto casuale e senza senso dell’evoluzione. Ciascuno di noi è il frutto di un pensiero di Dio. Ciascuno di noi è voluto, ciascuno è amato, ciascuno è necessario».
Dio ti ha pensato, ti ha sognato e ti ha chiamato alla vita: questo vuol dire vocazione. E ti chiama perché ti ama, ti desidera e ti vuole bene. Perdere il senso vocazionale della vita è diventare naufraghi in mezzo al mare, è come essere dispersi nel vuoto infinito dell’universo.
Cosa vuol dire che la tua vita è vocazione? Quali sono gli indizi che la tua vita è vocazione? Se ti trovi in difficoltà a rispondere a queste domande, rivolgiti al tuo catechista (don Ugo per le superiori, don Giò per le medie, Roberto per il CFP), a un docente, a un adulto e parlane.
Don Claudio Belfiore
Direttore