A tutti i nostri allievi/e,
alle loro famiglie
ai docenti e formatori
Torino, 14 marzo 2022
In questi giorni si stanno moltiplicando le proposte e le possibilità di aiuto alla popolazione ucraina. È bello vedere come tanta gente si stia coinvolgendo e si stia muovendo per donare cibo, vestiti, medicine, e mettersi a disposizione per accoglienza di famiglie e orfani. Di fronte al bisogno ci si espone, non si può stare con le mani in mano.
Sono contento che questo avvenga anche nella nostra scuola, tra i nostri banchi, con le nostre famiglie. Con gli studenti e gli allievi di medie, superiori e cfp, è partita la raccolta “Pane nostro”. Pensata per sostenere le famiglie e i poveri della nostra città e delle nostre parrocchie, ha subito allargato le proprie braccia per rivolgersi anche ai bisogni dei profughi ucraini. Anche la nostra parrocchia/oratorio si è attivata, ha dato disponibilità ad accogliere famiglie e bambini, ha avviato la raccolta di beni di prima necessità. Ad oggi su Torino si è creata una rete di più di cento famiglie disponibili ad accogliere altre famiglie e ragazzi ucraini.
Come salesiani ci sentiamo ancora più coinvolti da questa situazione, perché in Ucraina ci sono 9 case salesiane, 4 di esse con confratelli polacchi di rito latino e 5 con confratelli ucraini di rito greco ortodosso. Molti di loro hanno studiato in Italia e li conosciamo personalmente. Le nostre comunità salesiane in Moldavia e Romania sono state il rifugio dei primi profughi fuggiti dalla guerra. Venerdì scorso è arrivato un primo gruppo di profughi ucraini: un nostro confratello salesiano e alcuni laici sono partiti da Chieri con un pullman e un pulmino carichi di alimenti, vestiti e medicinali e sono tornati con 17 bambini, 13 mamme e 1 nonna, che saranno ospitati nella casa salesiana e nelle famiglie che si sono rese disponibili.
A conclusione di questa lettera prendo spunto dall’enciclica Fratelli tutti di Papa Francesco, che ribadisce una verità fondamentale: «La statura spirituale di un’esistenza umana è definita dall’amore, che in ultima analisi è il criterio per la decisione definitiva sul valore o il disvalore di una vita umana. Tuttavia, ci sono credenti che pensano che la loro grandezza consista nell’imporre le proprie ideologie agli altri, o nella difesa violenta della verità, o in grandi dimostrazioni di forza. Tutti noi credenti dobbiamo riconoscere questo: al primo posto c’è l’amore, ciò che mai dev’essere messo a rischio è l’amore, il pericolo più grande è non amare (cfr 1 Cor 13,1-13)».
Mentre preghiamo chiedendo il dono della pace e protestiamo per l’assurdità della guerra e per l’ingiustizia causata dagli interessi egoistici di qualcuno a danno di altri, non dimentichiamo che la cosa più importante è amare, che vuol anche dire aiutare e andare in soccorso di chi è nel bisogno. Dimostriamo, anzitutto a noi stessi, di essere veramente umani e cristiani.
Don Claudio Belfiore
Direttore